
L'AIA VOLA IN SENEGAL CON ENZO BOSCARO
Se c’è un valore che la nostra Associazione promuove è quello di condivisione ed inclusione: si è tutti un grande famiglia disposta e disponibile ad allungare una mano, anche due se servono, sul campo e soprattutto fuori dal campo. È su questa scia che si è mossa l’iniziativa del nostro ex associato Enzo Boscaro, arbitro per tanti anni, che ha portato un pezzo di Aia Torino fino in Senegal distribuendo ai ragazzi del posto palloni e magliette donate da Marco Serra.
Dagli allenamenti alla Sisport con Mazzaferro, Trentalange, Lorusso e Rosetti alle parantesi di vita senegalese nelle quali Boscaro non si sottrae a qualche partita con il fischietto in bocca perché – dice lui - «arbitro una volta, arbitro tutta la vita». Ma c’è di più: fatti accompagnati dalle parole, che in questo caso addirittura possono apparire più impattanti perché trasmettono ai ragazzi tutto il sapore di un sogno realizzabile trasportandoli in scenari concreti fatti da campi e palloni, calciatori e cartellini. Il pallone unisce e non c’è diversità di realtà e metodo che tenga: la passione per il calcio è la medesima.
«Ogni anno vado in Senegal e quando sono giù ancora mi diverto a fischiettare in campo. Spesso indosso qualche vecchia maglia da arbitro e racconto le mie avventure sui campi, cosa succede durante una partita e come bisogna muoversi, catturando la loro curiosità, magari anche incentivandoli ad intraprendere questo percorso. Ho anche raccontato di Marco Serra, che è un arbitro di Serie A. Quest’anno ho regalato delle magliette che lui mi ha dato e i ragazzi facevano i salti mortali per averne una».
La consapevolezza che oltre alla figura del calciatore c’è di più, che ci siamo noi che facciamo sì che una partita si possa giocare, passa dai racconti tramandanti, dalla condivisione dell’organizzazione e dai ricordi di campo; è questo la “missione” che Boscaro – il Collina del Senegal, come i ragazzi si divertono a chiamarlo perché «loro hanno l’immagine di Collina come l’arbitro più forte del mondo» – porta avanti.
«Lì è pieno di giovani che giocano a calcio e c’è sempre qualche malcapitato a cui tocca fare l’arbitro, però l’impostazione è molto differente rispetto che in Italia perché nella maggior parte dei casi si sta a bordo campo. Io mi fermo lì a guardare e c’è sempre qualcuno che mi interpella per chiedermi se è fallo o meno. Tra l’altro ogni partita lì è come un derby di quartiere».
Con gli scarpini ai piedi, Enzo spesso scende in campo per dirigere qualche gara sotto gli occhi curiosi e vigili dei “suoi” ragazzi: «Quando ho fatto l’ultima partita, tantissimi ragazzi volevano la mia maglietta. Ho detto che l’avrei data soltanto a chi voleva davvero fare l’arbitro».
Un impegno – quello di Boscaro – che ha portato in alto in nome dell’Aia Torino, che ne condivide pienamente tutto il valore morale e che spera che possa essere l’input per aprire ai tanti ragazzi senegalesi una finestra sull’arbitraggio, un bellissimo ed appassionante modo di essere protagonisti in campo e vivere in calcio da una nuova prospettiva, come detto anche dall’arbitro senegalese Lamine: «Per me è un modo alternativo di fare sport, con tutti i problemi che può comportare perché essere arbitro in campo, spesso da solo e con ventidue persone tra cui panchine e persone sugli spalti, non è facile. Fare l’arbitro è segno di coraggio. Senza arbitri non sarebbe uno spettacolo completo».
